Costruire le strade per un mondo diverso: mondializziamo le forme di resistenza |
|
|
Noi, rappresentanti delle lotte della società civile, provenienti da diversi orizzonti e da 60 paesi, riuniti a Ginevra in Vertice alternativo dal 22 al 25 giugno 2000, per rispondere all'Appello di Bangkok e alla vigilia della sessione speciale delle Nazioni Unite sullo sviluppo sociale, riconosciamo pienamente i problemi a cui i nostri popoli sono confrontati nella realizzazione dello sviluppo sociale in un contesto di mondializzazione. Abbiamo adottato la seguente dichiarazione. Invitiamo tutti i movimenti sociali, i sindacati, le organizzazioni non governative, i gruppi, le associazioni, ecc. impegnati nella lotta contro la mondializzazione neo liberiste e sessista a firmarla. Facendo questo, vogliamo mondializzare le nostre forme di resistenza e costruire collettivamente vie per un mondo diverso.
1. La mondializzazione in crisi Il nuovo millennio fa prevedere squilibri ancora maggiori tra i paesi del Nord e quelli del Sud, tra quelli dell'Est e quelli dell'Ovest e, all'interno dei paesi stessi, tra ricchi e poveri, tra donne e uomini, tra giovani e meno giovani, tra città e campagna. Il numero di poveri cresce continuamente, anche in società sempre più ricche, mentre l'umanità produce quantità enormi di ricchezze. La mondializzazione liberale accentua i divari e, se colpisce tutti, le donne e i bambini pagano un prezzo ancora più alto: le politiche neo liberiste hanno infatti accentuato la componente femminile tra i poveri, reso le donne e i bambini schiavi dell'industria mondiale del sesso e inasprito le violenze nei confronti delle donne, violenze che già peraltro esistevano. La mondializzazione non è quindi soltanto neoliberista, ma anche sessista. Questa mondializzazione è caratterizzata inoltre da una politica di redditività a breve termine, che esaurisce le risorse del pianeta. Perché favorisce il dominio del mondo finanziario su tutti gli aspetti della vita, rimette in discussione le democrazie, gli Stati, gli strumenti di solidarietà sociale e i servizi pubblici. Inoltre, favorisce la libera circolazione delle merci, ma impedisce quella degli individui, accentuando così enormemente il fenomeno dei "clandestini", l'emarginazione e lo sfruttamento degli immigrati e delle immigrate, la xenofobia e il razzismo. Infine, viola i diritti umani più elementari (civili, politici, economici e culturali), trasformando il progetto neoliberista in vero e proprio crimine contro l'umanità. Per rispondere all'opposizione sempre più vigorosa di un numero sempre maggiore di popolazioni e di fronte al fallimento palese delle politiche liberiste, l'establishment parla di "mondializzazione dal volto umano". Da un lato, coopta il programma sociale e tenta di impegnare la società civile in questo processo, consentendole di esercitare una pseudo influenza tramite, ad esempio, gli Studi sulla riduzione della povertà e lo sviluppo della Banca mondiale (BM) e del Fondo monetario internazionale (FMI), dall'altro, tenta di dividere ed esercita una repressione sempre più accanita contro i movimenti sociali, i sindacati e le ONG che lo criticano, a scopo di indebolirli. La mondializzazione liberale provoca anche numerosi conflitti armati, che continuano a decimare le popolazioni civili e ad oberare i bilanci degli Stati a vantaggio delle industrie degli armamenti. Il ruolo maggiore delle grandi potenze, che ricorda le tradizioni imperialistiche e che è stato reso possibile dalla ristrutturazione dei loro eserciti sotto il comando della NATO, indebolisce e disperde le culture e le solidarietà locali, accentua le rivalità tra gruppi etnici e lo sgretolamento delle società Questo induce rischi di guerre, a volte fatte in nome della pace, esaspera sentimenti di identità che possono assumere la forma di integralismi o di nazionalismi estremi. Ad esempio, col pretesto di lottare contro il traffico di droga, il governo degli Stati Uniti estende la sua politica di repressione dei movimenti di rivolta e, specialmente nella zona andina, la sua politica di repressione dei movimenti sociali, installando una potente base militare in Ecuador Parallelamente l'approvazione del piano Colombia, questo aggrava il conflitto armato in questo paese e minaccia di estenderlo a tutta la zona. Altro esempio: queste stesse politiche degli Stati Uniti permettono a questi di "strumentalizzare" gruppi integralisti, come in Afganistan, dove la dittatura dei Talibani vive della produzione dell'oppio. La risposta a queste crisi non può essere uniforme, ma l'esistenza di questi conflitti rende ancora più urgente la necessità di solidarietà tra i popoli, per contribuire alla nascita o allo sviluppo di strutture popolari, specialmente sindacali o associative, che riaffermino una prospettiva di lotta e di emancipazione diversa dal ripiego su soluzioni reazionarie o dall'obbedienza agli ordini dei governi occidentali. Vogliamo cambiare il mondo e crearne uno che sia fondato sul diritto allo sviluppo integrale degli esseri umani, in cui donne e uomini siano uguali, senza discriminazioni, né esclusioni di sorta e in cui i popoli e il loro sapere siano rispettati. Insistiamo sul rispetto dei diritti umani fondamentali, in particolare sulla realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali, sull'importanza di impiegare gli strumenti regionali e internazionali relativi ai diritti umani per criticare il modello dominante neoliberista, sull'urgenza di promuovere l'applicazione, da parte dei singoli Stati, dei loro obblighi in materia di diritti umani. 2. Le reti di mobilitazione Per esigere una distribuzione più equa e più responsabile delle ricchezze, in questi ultimi anni, le lotte hanno assunto una dimensione internazionale. Gli Zapatisti sono stati i primi, nel 1996, ad organizzare l'Incontro intercontinentale per l'Umanità e contro il Neoliberismo, unendo tutte le lotte a livello mondiale e incitando tutti gli esseri umani a creare una rete di collegamenti. Questa proposta è stata nel contempo la base e il punto di riferimento di tutti i movimenti attuali contro la mondializzazione. Non c'è quindi da stupirsi se il governo messicano e il potere mondiale tentano di distruggere le comunità zapatiste per annientare definitivamente quello che è stato il focolaio iniziale della lotta nei loro confronti. Poi, sono venute le mobilitazioni a livello internazionale o attraverso temi di campagne: si pensi al successo della Marcia mondiale delle donne contro la povertà e contro le violenze nei confronti delle donne, alle iniziative prese dopo la fondazione dell'OMC, in particolare, la creazione dell'Azione mondiale dei popoli (AMP), e tante altre mobilitazioni che non possiamo elencare in poco spazio. L'obiettivo di queste manifestazioni è spesso il rispetto dei diritti sociali e ambientali: ne è un esempio quella che viene organizzata ogni anno in America latina, il 12 ottobre, durante la giornata degli emarginati, "grito de los ecluidos". Il successo delle recentissime mobilitazioni negli Stati Uniti è in fase con lo sviluppo di una serie di campagne di massa di incidenza mondiale in questi anni scorsi: campagna per l'annullamento del debito dei paesi poveri, animata in particolare dai collettivi Giubileo 2000, campagna contro l'AMI, campagna per il controllo e la tassazione dei capitali, animata tra l'altro dai collettivi ATTAC, campagna contro l'OMC o contro l'estensione del dominio di competenze di questa, campagna contro i piani di aggiustamento strutturale e contro gli altri programmi di riforma economica del FMI e della Banca mondiale. L'ampiezza di queste mobilitazioni indica che siamo entrati in una fase del tutto nuova, una fase in cui la responsabilità dei movimenti è tanto più rilevante, in quanto le mobilitazioni sono state pubblicizzate in tutti i paesi e in quanto suscitano attese importanti tra le reti militanti e, più ampiamente, in tutta una parte dell'opinione pubblica nei vari paesi. 3. Tracciare le vie del nostro futuro Queste mobilitazioni rivelano il rifiuto sempre maggiore degli effetti della mondializzazione liberale, della mondializzazione al servizio degli Stati dominanti, del capitale finanziario e delle società multinazionali. - I problemi sociali sono al centro di questo rifiuto. Il neoliberismo ha contribuito a sminuire il ruolo dello Stato, indebolendo così i servizi pubblici - tra l'altro, attraverso una politica di privatizzazioni in cui la sanità, l'istruzione e la protezione sociale sono particolarmente minacciate -, a ridurre i diritti sociali e a limitare il peso del sindacalismo. La mondializzazione liberale, quale si sviluppa dall'inizio degli anni '90, ha accelerato ulteriormente questo processo, accentuando la precarietà dell'occupazione, delle condizioni di vita e di lavoro. - I problemi legati alla discriminazione sessuale sono anch'essi una posta in gioco fondamentale, come lo dimostra il fatto che la povertà interessa un numero sempre maggiore di donne e il fatto che le violenze nei confronti di queste permangono. Il problema dell'uguaglianza di fatto tra donne e uomini rimane fondamentale nella lotta contro la mondializzazione neoliberale. Questo si riflette nella crescente mobilitazione delle donne in queste lotte ovunque nel mondo . - I problemi ambientali, nel senso più ampio del termine, sono anch'essi centrali nelle recenti mobilitazioni, attorno al rifiuto dell'appropriazione della materia vivente da parte delle multinazionali, che in questi ultimi anni sono riuscite a brevettare diverse piante e forme di vita, il rifiuto massiccio degli OGM (organismi geneticamente modificati), la lotta contro l'articolo 27.3(b) degli accordi del GATT, che minaccia l'esistenza stessa delle comunità autoctone e la loro cultura tradizionale. - La democrazia costituisce il quarto aspetto di questa critica globale. Di fronte ad istituzioni politiche e finanziarie che prendono decisioni senza un controllo effettivo della popolazione, di fronte soprattutto all'indottrinamento ideologico che vorrebbe farci credere che non ci sono alternative alle politiche neoliberiste attuali, la volontà dei cittadini di appropriarsi il futuro del nostro mondo si esprime in modo sempre più massiccio. - Infine, anche la lotta contro la xenofobia e il razzismo e per l'inserimento sociale e l'uguaglianza degli immigranti costituisce un aspetto importante di questa critica globale della mondializzazione neoliberale. In questo contesto, i movimenti sociali, i sindacati, le ONG devono contemporaneamente: - Costruire e sviluppare le mobilitazioni più ampie su obiettivi concreti. Come abbiamo visto a proposito dell'AMI o della Conferenza ministeriale dell'OMC, a Seattle, nonché delle riunioni dell'aprile 2000 della Banca mondiale e del FMI a Washington DC, questo è un mezzo essenziale per modificare i rapporti di forza e contrastare l'offensiva dei promotori della mondializzazione liberale. Queste campagne concrete permettono inoltre di costruire ed di collaudare le alleanze tra i diversi movimenti, a livello nazionale come a livello internazionale. - Discutere sulle alternative da opporre al modello neoliberista e sui temi che possono dividere i diversi movimenti. - Fare un passo avanti nel coordinamento dei movimenti sul piano internazionale. 4. Discutere ed elaborare alternative Le discussioni tra sindacati, ONG e movimenti sociali a Seattle hanno mostrato che esistevano approcci diversi, specialmente sulle norme sociali o ambientali. Occorre andare avanti in questa materia, costruendo un rapporto di forze e imponendo nuovi diritti. Le diverse campagne internazionali hanno permesso inoltre dibattiti e discussioni, specialmente sui temi del debito (sulla nozione di paesi più poveri o sui mezzi per controllare l'impiego dei ricavi ottenuti con un annullamento del debito) o delle istituzioni finanziarie internazionali (riforma o abolizione di queste). Questi approcci diversi non sono stati, né sono un ostacolo all'azione comune. Il rifiuto comune della mondializzazione liberale, l'assenso generale all'interno del movimento su uno sviluppo orientato verso la persona umana e che costituisca una fonte ispiratrice e ricca di diversità, fanno sì che le basi del consenso tra i diversi movimenti siano abbastanza solide Questa dinamica permette di superare gli eventuali punti di dissenso, riguardanti, tra l'altro, le diverse strategie di sviluppo umano. Essa permette di formulare proposte alternative. 5. Le solidarietà in azione Adesso esistono a livello mondiale svariate iniziative, azioni, campagne, mobilitazioni che dimostrano che un altro mondo è possibile già da adesso. Molte di esse si articolano attorno ad obiettivi molto concreti. Tra questi, rileviamo: IL DEBITO Incitiamo tutti i movimenti sociali, del Nord come del Sud, a lottare: - per l'annullamento totale del debito dei paesi in via di sviluppo che, stando ai criteri definiti dalla società civile, è immorale, illegale e non puo' essere pagato dai debitori. Esso costituisce una forma moderna di schiavitù che condanna milioni di persone, per la maggior parte donne e bambini, al lavoro forzato; - per l'abbandono dell'iniziativa del FMI e della Banca mondiale nei confronti dei Paesi poveri particolarmente indebitati (PPPI), che è di fatto un'operazione di sabotaggio che impedisce l'annullamento del debito; - per una soluzione definitiva del problema del debito, una soluzione che rispetti i principi di giustizia e di trasparenza nei confronti dei popoli; - per l'arresto dei piani di aggiustamento strutturale imposti dal FMI ai paesi indebitati. Lanciamo un appello per una mobilitazione mondiale massiccia in occasione della riunione del G8 a Okinawa (21-23 luglio) e del Vertice del Millennio, organizzato dall'ONU a New York il 6 settembre prossimo, perché l'annullamento del debito sia iscritto all'ordine del giorno di questo vertice. IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI) E LA BANCA MONDIALE (BM) Il vertice alternativo richiede cambiamenti radicali all'interno del FMI e della BM. Per questo, chiediamo: 1. L'annullamento completo dei debiti multilaterali (dovuti in particolare al FMI e alla BM), senza aggiustamento strutturale, né clausole condizionali, ivi compreso il modo in cui gli importi sbloccati vengono spesi. 2. L'abbandono dei programmi di aggiustamento strutturale e di qualsiasi altro programma di riforma economica, perché questi programmi, concepiti ed imposti dall'esterno dal FMI e dalla BM, non sono democratici e sono catastrofici sul piano economico e su quello sociale per le popolazioni locali. 3. La trasparenza e la democratizzazione del FMI e della BM, la loro sottomissione ai popoli ancora assoggettati alle loro politiche e ai loro progetti. L'esistenza futura, la struttura e la politica di queste istituzioni internazionali devono essere determinati attraverso un processo democratico e trasparente. 4. Il rispetto, da parte di queste istituzioni internazionali, dei diritti umani fondamentali quali sono stati definiti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nel diritto internazionale; l'impiego di questi strumenti di rispetto dei diritti umani, quale quadro di riferimento per l'elaborazione dei loro progetti e delle loro politiche; l'obbligo, per gli Stati nazionali, di rispettare gli obblighi contenuti in questi strumenti regionali e internazionali. 5. La riduzione dei poteri della BM e la possibilità di far rispondere maggiormente del suo operato questa istituzione, come propone la campagna internazionale World Bank Bonds Campain. 6. Qualora queste due istituzioni continuassero a seguire la loro logica di liberalizzazione del mondo, il movimento in favore di una mondializzazione diversa non esiterebbe ad imporre l'abolizione del FMI e della BM. Il 26 settembre prossimo dovrebbe essere quindi l'obiettivo principale di una settimana mondiale di azioni che coinciderà con la riunione annuale a Praga, per chiedere il cambiamento radicale della BM e del FMI e una nuova struttura del sistema finanziario internazionale. L'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO Il mondo non è una merce e l'umanità non è una risorsa: è giunto il momento di riconoscere che il commercio internazionale e la sua istituzione principale, l'OMC, nata dall'accordo di Marrakech, sono in crisi. È ora di sostituire questo sistema obsoleto, ingiusto e oppressivo con un quadro di scambi equo e sostenibile per il XXI° secolo. Continuiamo ad opporci ad ogni ulteriore ciclo di negoziati e ad esigere una moratoria su qualsiasi altro negoziato che aumenterebbe il potere e il campo d'azione dell'OMC; esigiamo inoltre che dalle competenze dell'OMC siano esclusi temi quali l'agricoltura contadina, i servizi sociali e i diritti di proprietà intellettuale. Esigiamo l'applicazione di controlli e di tasse sul capitale. Occorre garantire l'accesso ai bisogni fondamentali: settori come la sanità, l'istruzione, la cultura, l’alloggio, l'ambiente, l'accesso all'acqua e gli altri bisogni primari sono diritti fondamentali. Questi settori non possono essere sottoposti alle regole del commercio mondiale e devono quindi essere esclusi dall'Accordo generale sul Commercio e i Servizi (AGCS). Allo stesso modo, le politiche miranti a favorire e a tutelare la sicurezza e la sovranità alimentare, l'agricoltura contadina e durevole non devono in alcun modo essere sottoposte alle regole del commercio multilaterale. L'Organo di soluzione delle controversie opera nella segretezza e usurpa le mansioni legislative e normative degli Stati sovrani e degli enti locali. Deve quindi scomparire. Le regole del commercio internazionale devono essere sottoposte al diritto internazionale, quale definito nella Dichiarazione universale dei diritti umani, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, nella Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e ai diversi strumenti internazionali (convenzioni, patti, protocolli) che garantiscono in primo luogo il rispetto dei diritti umani fondamentali e la sovranità dei popoli. L'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio (ADPIC) favorisce la costituzione di monopoli a vantaggio delle società multinazionali. Esso nega al maggior numero il diritto alle cure e ai medicinali. Determina la privatizzazione del sapere e della materia vivente, danneggia la biodiversità ed impedisce ai paesi poveri di migliorare i loro livelli di benessere sociale, economico e di sviluppare le loro conoscenze tecniche. L'ADPIC non deve più far parte dell'OMC. Condanniamo le politiche attuate dall'OMC, dalla BM, dal FMI e dall'OCSE. Denunciamo la sottomissione dei poteri politici nazionali e regionali (tra cui l'Unione europea) ai gruppi d'interesse delle società multinazionali: il World Economic Forum, la Camera di commercio internazionale, l'European Round Table, Services 2000, società che pretendono di regolare i flussi migratori sottoponendoli esclusivamente ai criteri dei bisogni di manodopera precaria e di cervelli docili. Noi, movimenti e organizzazioni firmatari della presente risoluzione, ci impegniamo ad operare per un sistema di scambi internazionale equo e sottoposto al controllo democratico. Sosterremo le lotte a tutti i livelli e in tutti i paesi attraverso campagne di solidarietà internazionale. CONTROLLO DEI FLUSSI FINANZIARI E PARADISI FISCALI La tassa Tobin La tassa Tobin è una tassa limitata alle transazioni sulle valute. Essa non costituisce l'unica soluzione ai numerosi problemi e rivendicazioni suscitati dalla mondializzazione finanziaria. Costituisce una delle possibilità per permettere il controllo dei flussi finanziari mondiali. Per la sua semplicità, i suoi meccanismi, le sue conseguenze, essa consente di raggiungere obiettivi svariati e complementari. Strumento pedagogico e proposta dinamica, la tassa permette di far capire ai cittadini perché le disfunzioni sociali, economiche e politiche sono legate alla mondializzazione liberale. Strumento contro la speculazione finanziaria, essa permette, se il tasso applicato è sufficientemente alto, di frenare i fenomeni speculativi che destabilizzano le economie e ostacolano ogni progetto volontario di costruzione e di progresso al livello nazionale. Strumento di politica internazionale e poiché genera proventi sostanziali, essa permette di istituire una struttura internazionale diversa, fondata sulla ridistribuzione e la ripartizione delle ricchezze su scala internazionale. La tassa Tobin è una proposta concreta ed attuabile. Infatti, i sistemi elettronici impiegati correntemente dalle banche permettono molto facilmente di istituirla. Ci vuole innanzitutto una volontà politica. Il dibattito è aperto sulle modalità di distribuzione di questa tassa. Una delle proposte consiste nel creare una nuova entità internazionale democratica che si adoperi a rispettare gli aspetti sociali e ambientali e incaricata di gestire i proventi procurati da questa tassazione. In modo più globale, questa lotta si iscrive nel contesto di quella più generale contro la disoccupazione e l'emarginazione. La sregolazione dei mercati del lavoro va di pari passo con politiche dell'occupazione che, col pretesto di lottare contro la disoccupazione, accentuano il lavoro precario e i bassi salari. Essa va altresì di pari passo con politiche di smantellamento del Stato sociale Il modo migliore di far cambiare parere ai governi è la pressione delle mobilitazioni civiche. Queste potrebbero esprimersi in un primo periodo su scala europea. Occorre quindi prepararsi per una mobilitazione comune contro la disoccupazione e la precarietà in occasione della riunione dell'Unione europea del dicembre prossimo, a Nizza. Sarà anche l'occasione per mobilitarsi per i diritti sociali e per la tassa Tobin. I paradisi fiscali Le tassazioni affiancano i paradisi fiscali, centri di riciclaggio dei capitali della criminalità finanziaria. È indispensabile smantellarli. I paradisi fiscali sono come una collana di diamanti al collo del pianeta. Essi sono il punto di ritrovo di tre partner: le multinazionali (frode fiscale, gigantesche commissioni sui mercati mondiali, petrolio, armi, trasporti, ecc.), le organizzazioni di riciclaggio del denaro sporco della criminalità e gli Stati (per finanziare partiti e uomini politici). I responsabili sono quindi i governi e gli Stati. Di fatto, questi non vogliono assolutamente smantellare i paradisi fiscali, malgrado la lotta in questo senso di alcune personalità al loro interno. I grandi paradisi fiscali non sono "off shore", sono a Londra, a Ginevra, nel Liechtenstein, nel principato di Monaco, ecc. Il nostro obiettivo è quello di mandare definitivamente all'inferno i paradisi fiscali con azioni mirate di informazione e di pressione. Queste azioni potrebbero assumere la forma di marce verso uno di questi paradisi fiscali o verso la sede di una multinazionale, o combinando diversi di questi obiettivi. Sono stati proposti inoltre studi sull'incidenza dei paradisi fiscali sui paesi piccoli, e che i paesi del G7 finanzino alternative economiche parallelamente all'eliminazione dei paradisi fiscali in questi paesi. LA LOTTA CONTRO GLI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO Questi accordi, presentati come necessari, malgrado favoriscono le società multinazionali e le oligarchie locali, non sono in grado di soddisfare i bisogni delle popolazioni e, al contrario, aggravano la povertà e l'emarginazione. Gli accordi bilaterali, regionali e internazionali escludono i programmi sociali e ambientali e non tengono conto delle disparità tra i paesi: favoriscono soltanto il capitale transnazionale e i suoi rappresentanti locali, impedendo quindi l'esercizio effettivo della democrazia. Fondandoci su queste esperienze negative, rifiutiamo il progetto di creazione di una zona di libero scambio delle Americhe (ALCA), proposto dal governo degli Stati Uniti e da quelli della zona, nonché gli accordi dello stesso tipo esistenti in Africa, in Asia o in altre parti del mondo. Chiediamo accordi commerciali giusti, equi ed iscritti in una logica di sviluppo sostenibile, negoziati con la partecipazione e il consenso delle popolazioni e nell'intento dello sviluppo sociale dei popoli. LA MARCIA MONDIALE DELLE DONNE 2000 Con oltre 4.500 organizzazioni in oltre 155 paesi, la Marcia mondiale delle donne 2000 costituisce una forza di mobilitazione senza precedenti delle donne contro la povertà e per la ripartizione delle ricchezze, contro tutte le violenze nei confronti delle donne e per l'uguaglianza tra uomini e donne. Essa fa parte dell'insieme dei movimenti sociali, sindacali, di gruppi, associazioni, ONG, ecc. che lottano contro la mondializzazione neoliberale in atto, propongono alternative e costruiscono legami di solidarietà a livello mondiale. Per la Marcia, la mondializzazione attuale è, non soltanto capitalista e neo liberista, ma anche sessista. La situazione a cui sono confrontate le donne non può trovare altra spiegazione se non nella combinazione di due fenomeni mondiali: il capitalismo neoliberista e il patriarcato, che si alimentano e si confortano reciprocamente per mantenere la stragrande maggioranza delle donne in una situazione in cui rimangono in uno stato di inferiorità culturale, sono svalutate socialmente, sono emarginate economicamente, la loro esistenza e il loro lavoro rimangono "invisibili", il loro corpo è assimilato ad una merce, situazioni che vanno assimilate ad un vero e proprio stato di "apartheid". Pechino + 5 ha dimostrato purtroppo in modo palese che rimane ancora da fare molta strada per ottenere il rispetto dei diritti fondamentali delle donne. La Marcia propone di costruire un mondo in cui donne e uomini siano uguali e in cui le donne siano liberate da ogni forma di violenza, di sfruttamento, compresi le violenze domestiche, la violenza carnale, la prostituzione, il traffico di donne, le molestie sessuali, la violenza sociale e la violenza statale. La Marcia propone di affrontare le cause strutturali della povertà e della violenza nei confronti delle donne e promuove rivendicazioni molte delle quali sono comuni ad altri movimenti sociali, integrandovi tuttavia una prospettiva di genere: - l'istituzione, da parte di tutti gli Stati, di una legge-quadro e di strategie miranti ad eliminare la povertà, specialmente quella delle donne. - l'applicazione di misure urgenti quali quelle descritte in questa risoluzione. - l'istituzione di un Consiglio per la sicurezza economica e finanziaria incaricato di esercitare un controllo politico sui mercati finanziari e di ridefinire le regole di un nuovo sistema finanziario a livello mondiale, Consiglio che dovrà comprendere rappresentanti (di ambo i sessi) della società civile e assicurare la parità tra uomini e donne e tra paesi del Nord e del Sud. - l'applicazione delle convenzioni e delle misure che permettono di eliminare tutte le violenze nei confronti delle donne. Dobbiamo rivolgere particolare attenzione alle rivendicazioni riguardanti le lesbiche, perché, se la mondializzazione è sessista, è particolarmente intrattabile nei confronti delle persone omosessuali. La Marcia esige l'applicazione immediata del principio di uguaglianza tra uomini e donne in tutte le strutture o modalità di coordinamento di cui il movimento per una mondializzazione diversa vorrà dotarsi e l'attribuzione di un ampio spazio ai rappresentanti dei paesi del Sud e delle persone emarginate. La Marcia invita l'insieme dei movimenti a associarsi alle azioni future della Marcia: in Europa, a Bruxelles, il 14 ottobre, a Washington, il 15 ottobre, per manifestare contro la BM e il FMI, e a New York, il 17 ottobre, davanti alle Nazioni Unite, dove una delegazione internazionale della Marcia incontrerà Kofi Annan per comunicargli le rivendicazioni delle donne e informarlo della nostra determinazione ad ottenerne la realizzazione. 6. Coordinare le azioni e i movimenti sul piano internazionale La forza delle campagne internazionali e delle manifestazioni di Seattle e di Washington è risultata in gran parte dal loro modo di funzionamento: strutture costituite in rete, non troppo rigide, né gerarchizzate, convergenze consensuali su campagne e temi concreti. Tutto ciò ha permesso a movimenti di natura disparata di partecipare all'azione comune. Contemporaneamente, bisogna poter confrontare le esperienze, disporre di luoghi in cui discutere e permettere così un arricchimento reciproco dei diversi movimenti impegnati nella lotta contro la mondializzazione liberale. Per rispondere a questi bisogni, sarebbe utile fare un passo verso un'alleanza internazionale molto flessibile e articolata attorno alle campagne concrete di questi diversi movimenti. Questo processo è già iniziato, fondato sulla volontà di elaborare un programma comune, una conoscenza reciproca tra i diversi movimenti, una comprensione reciproca delle poste in gioco e delle rispettive azioni, un bisogno pratico di condividere le informazioni tra regioni, campagne e movimenti, in modo da renderli più visibili ed efficaci. La creazione di un coordinamento a livello internazionale sarà un processo complesso: l'azione dovrà al tempo stesso estendere ed approfondire il movimento, associando (in modo cosciente), i sindacati, le organizzazioni di lavoratori, le donne, gli agricoltori, le organizzazioni culturali, ecc. Questo coordinamento dovrà inoltre essere ben radicato negli obiettivi sociali e nelle lotte dei popoli e delle popolazioni interessati. Esistono molti altri metodi per andare avanti in questo processo, come, ad esempio: articolazione dei legami tra le campagne tematiche e regionali, giornate comuni di mobilitazione, assemblee dei popoli, impiego più efficace delle tecnologie, segretariati di coordinamento, ecc. Tra i numerosi avvenimenti che si prospettano, l'incontro di Dakar 2000, nel dicembre prossimo, in Senegal, e il Convegno sociale mondiale di Porto Alegre, in Brasile, nel gennaio 2001, sono due occasioni importanti per portare avanti questo processo di discussione, per creare una rete internazionale di mobilitazione. |